BARI – S’infittisce il mistero sulla strage di capodogli. Grazie ai primi dati delle autopsie, si scopre che erano tutti e 7 maschi, che erano poco più che «ragazzini» («sub-adulti», il termine scientifico esatto), e soprattutto, pare proprio che fossero in buona salute. Al momento, non c’è malattia o ferita che possa spiegare questo spiaggiamento sul Gargano. A riferirlo è il patologo dell’Università di Padova ed esperto di riferimento del Ministero dell’Ambiente, Alessandro Mazzariol. Secondo lui i cetacei «erano adolescenti in branco. Se avessero raggiunto la maturità sessuale, avrebbero lasciato il gruppo e sarebbero andati, da soli, a cercare la femmina» racconta.
Mazzariol dice che «con le foto delle pinne caudali», si sta cercando «di stabilire con esattezza da dove provenivano, ma ci sono già dei «ricercatori greci secondo cui i capodogli vivevano nel Mar Jonio». Circa il loro stato di salute, pare fossero perfetti. «Non erano magrissimi o obesi – afferma il patologo – erano in buono stato di nutrizione. È vero che abbiamo trovato plastica e corpi estranei (corda, ami e reti) negli stomaci, ma non è nulla che potesse portarli alla morte. Diciamo che, ogni tanto, avevano mal di pancia».
«Comunque – continua – assieme ad altre eccellenti Facoltà di Veterinaria, come quella di Bari, e con l’Istituto zooprofilattico di Foggia, stiamo facendo tutti gli esami: quelli virologici, esami batteriologici, tossicologici, parassitologici, istologici mentre della genetica si sta occupando l’Università di Firenze».
«Gli esami genetici – sottolinea Mazzariol – ci consentiranno di stabilire se i sette capodogli erano imparentati tra loro ».
«Inoltre – dice il patologo – stiamo approfondendo le analisi sulle bolle di gas che abbiamo trovato nelle coronarie». Infatti, non tutti sanno che, se qualcosa li fa spaventare mentre sono negli abissi, i capodogli fuggono a galla così rapidamente da rischiare l’embolia. «Sarà l’Università delle Canarie a dirci di più sull’embolismo – afferma Mazzariol – però il fatto che il gas non fosse in altri organi mi fa pensare che non sia quella la causa dello spiaggiamento».
Allora cosa li ha gettati a riva? Gli esperti dicono che i precedenti sono quasi tutti riconducibili a esercitazioni militari, all’uso di sonar da parte di sommergibili o navi e aerei antisom e ad ispezioni dei fondali. Così, tenendo conto che i capodogli – stando alle testimonianze – si sono arenati il 10 dicembre, andiamo per esclusione.
In primis, lo Stato Maggiore della Marina Militare smentisce categoricamente di aver fatto qualcosa che potesse danneggiare i cetacei in Adriatico o nello Jonio nei giorni e mesi precedenti lo spiaggiamento.
Tra il 25 novembre ed il 13 dicembre è stata autorizzata («bando di pericolosità» della Capitaneria di Porto di Brindisi n°10) una sola missione d’ispezione dei fondali di Puglia. Si tratta di una missione scientifica olandese che prevede «ispezioni sismiche » tra Gallipoli, Brindisi e Otranto, ma non è precisato se è stato usato un sonar particolarmente potente. Anzi, parrebbe proprio di no.
Nei primi dieci giorni di dicembre ci sono state tre esercitazioni militari di tiro (con spari da terra verso il mare): una nel Poligono Foce Ofanto (circondario marittimo di Barletta); una nel Poligono Torre Cavallo (Brindisi) e una nel Poligono di San Vito (Taranto). Però, di solito, si tratta di tiri con armi portatili, nulla che possa impensierire i capodogli.
Infine, in quei giorni, c’è stato il «predator», l’aereo senza pilota dell’Aeronautica militare, che ha sorvolato il golfo di Manfredonia. Però la Forza Armata garantisce che «quei “predator” non montano sonar o altro, ma soltanto macchine fotografiche».
Tutto ciò induce a pensare che la spiegazione potrebbe essere ricercata oltreadriatico.
Intanto, ciò che resta dei giovani giganti va in putrefazione e non si sa ancora come smaltire le carcasse. Pare saranno sepolte in un terreno agricolo nelle campagne di Cagnano Varano. Forse.
Fonte: Marisa Ingrosso – Gazzetta del Mezzogiorno