La fortezza di Termoli (st)
Termoli – QUANDO attracca a Termoli e scende dal gommone che l’ha condotto in terra molisana dal paradiso naturale ed artistico delle Isole Tremiti, Lucio Dalla, è attorniato dalla stampa. Riesce appena a districarsi fra i cronisti. Manca un quarto d’ora all’una, la manifestazione porto – centro – porto che ha calpestato il selciato e la sabbia del centro termolese, è conclusa da un pezzo. Sbarca a, prima ancora di arrivare sul palco, già ha lanciato duri moniti contro ogni proposito di sforacchiamento dell’Adriatico. Le sue prime parole sono: “Guai a chi tocca il mare, guai a chi tocca il mondo”. Le ultime, a sollecitazione, un messaggio alla Ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo: “Non la conosco, ma se la conoscessi mi piacerebbe parlarle tirando fuori il meglio di me per tirare fuori il meglio da lei”. Pare una strofa di una sua canzone, una di quelle antiche, di fine anni 70. Ed invece, è l’ennesima presa di posizione, se non contro, per lo meno in riferimento alla chiacchieratissima sodale berlusconiana che già un anno fa tentò di regalare al petrolio il mare delle Tremiti.
Contro i propositi, al tempo, fu bastevole un Consiglio provinciale. Contro i timori, oggi, la rabbia e l’orgoglio della gente. Non una semplice manifestazione di territorio. Non un campanilistico – quasi federalistico e particolaristico – sfogo di una singola comunità. Ma la fusione d’intenti di tre diverse anime. Abruzzo, Molise e Puglia. Comuni, Province, sindacati, comitati, movimenti, associazioni, semplici cittadini indignato dall’ennesimo e feroce tentativo di asservire un bene pubblico all’interesse economico di una ristretta minoranza. Per giunta irlandese, per giunta selvaggia. Già, perché, qui, non si tratta di mettere in piedi un ristorante, un albergo, una rotonda sul mare. Qui si parla di trivelle, di piattaforme. Di grattacieli nel mare, di fuochi nella notte. Di bagliori inconsulti e violenti, artigli del male sul bello della natura.
I militanti SeL Foggia (St)
LA MANIFESTAZIONE. E’ qui che la gente si inalbera. E’ qui che nasce la protesta. Una colorata e luminosa canea di rivendicazioni innestata nel cuore dell’Adriatico. Comunità d’intenti. Alle 10 la spianata del porto, luogo convenuto come punto di partenza del breve corteo di andata e ritorno in attesa del cantautore bolognese, è già un brulicare di anime sudate e gioiose. La maggior parte giunte a Termoli dalla Capitanata. Si ride e si scherza, ma alle barche, i pescatori hanno già affisso striscioni in odor di rabbia. “Save the sea. Kill the oil”. Uccidi il petrolio. Un monito di resistenza contro l’invasione. Una promessa. Un avviso civile ma risolutorio. Dalla parte opposta della banchina, i gonfaloni dei comuni intervenuti, quello della Regione Puglia, i corpi di polizia municipale, i sindaci, gli assessori, i delegati. Ci sono Gianni Mongelli ed Angelo Riccardi, Antonio Pepe e Stefano Pecorella) e Costantino Sqeuo, Elena Gentile e Onofrio Introna, Rino Pezzano e Antonio Prencipe, Salvatore e Fabrizio Tatarella. Non c’è, ma nessuno lo attendeva, Nichi Vendola, con qualche mal di pancia.
CALABRESE, EX SINDACO TREMITI: “DIFENDIAMO UNA PERLA RARA”. Quando parte il corteo, è un fiume colorato quello che invade Termoli. Non sono arrivate, alla fine, le 7000 anime previste (addirittura, settimana scorsa, qualcuno si era spinto ad azzardare 10 mila persone). Saranno, in tutto, 2500 persone, forse 3000. Eppure, in nessuno monta, rabbioso, il senso d’inappetenza. Si fa quel che si può e l’importante è non chinare il capo, ma essere presenti in presidio continuo. Stare immobili, a baluardo di un territorio che ha la necessità inoppugnabile di essere difeso. E, così, finisce che nel pancione dell’anguilla (non si può parlare di serpentone) siano rappresentare tutte le anime delle tre regioni. C’è l’ex sindaco delle Tremiti, Giuseppe Calabrese. “Mi fregio – discute con Stato – di essere uno dei pochi ad avere la carta d’identità che recita: nato a Tremiti”. Su quegli scogli c’è nato, su quegli scogli vuole restare, l’ex sindaco. “Siamo qui per difendere il passato, il presente ed il futuro di una perla rarissima che vogliono alonare con un fiato mortifero”.
No triv (St)
SCHERZI DI CARTA. Attorno, mentre il corteo avanza, le carte identitarie e territoriali si fondono. Pugliesi, molisani ed abruzzesi divengono un tutt’uno, ci si amalgama in un corpo sovraregionale. In un humus che non ha bisogno di mettere radici sempre dalla stessa parte, ma si espande. I cartelli che sfilano di fronte ai pochi negozi e poi dentro, fin sulla spiaggia ai piedi della fortezza termolese, sono ridenti e sfottenti; sono truci ed offensivi; sono rabbiosi ed emanano uno stridore di denti che significa rabbia inesplosa per troppo tempo. “Con il petrolio vi riempite il portafoglio ma ci sporcate il mare… Andate a cagare” francesizza quello al collo di un ragazzo. Un altro, giocando in pericoloso equilibrio fra ornitologia e petronizzante retorica, invita la Petrolceltic o, peggio, la Prestigiacomo a “Non sporcare l’uccello”. C’è il disegno di un volatile, e tanto basta. Una donna abruzzese regge un orsetto marsicano in peluche che recrimina: “In casa mia no oil!”.
ONOFRIO INTRONA: “MANIFESTAZIONE PRO, NON CONTRO”. L’estetica del messaggio che si riproduce su carta induce alla risata ed al pensiero. Ma c’è anche gente mascherata luttosamente, in proiezione di un possibile futuro impossibile. O c’è chi, come il segretario foggiano di Sinistra ecologia e Libertà, Pierluigi del Carmine, insieme con uno dei militanti della Fabbrica di Nichi del capoluogo dauno, Raffaele Carella, indossano una tuta bianca da emergenza nucleare. Sul petto, accanto al piccolo adesivo del partito, la scritta, grande, con pennarello nero che pontifica: No alle trivellazioni. Quel no indistinto che, sempre a Stato, Onofrio Introna sintetizza con l’orgoglio della discesa in piazza: “Quello che più ci consola (parla a nome della Regione Puglia, in assenza di Nichi, ndr) è la libertà dei partecipanti di questa manifestazione”. Non certo una massa oceanica. Ma un simbolo della rianimazione della coscienza collettiva di fronte ad un tema delicato come quello del bene pubblico. “Questa – precisa Introna – non è una manifestazione contro, ma una manifestazione pro”. In difesa dei “diritti naturali e umani” e della “sostenibilità ambientale” la cui piena attuazione “non è vero che sarebbe un freno all’economia di queste tre regioni”. Bensì “l’input di uno sviluppo nuovo e responsabile che punti sul turismo, sulla balneazione, sulla bellezza”.
Lo spiaggiamento (St)
SPIAGGIATI. Mentre Introna parla, una ventata di mare e odor di sabbia invade Termoli. L’aria è pulita, il sole splende e brucia. Già sulla rena qualcuno ha deciso di non perdersi il primo sole estivo. Si suda. Di fronte alle mura della cittadina molisana, un muro fatto di niente, solo aria e vento, soltanto mare. All’orizzonte, come un disegno tracciato con i pastelli, più blu nel blu del cielo che si tuffa nel mare si scorgono le ragioni di questo camminare: le Isole Diomedee. Non distante da qui, direzione Gargano, un anno e mezzo fa, si era in periodo natalizio del 2009, nove capodogli spiaggiarono nei pressi della laguna di Varano, in località Capojale. Sette animali morirono dopo una lunga sofferenza. Scene che si stamparono nell’immaginario di tutta una provincia. E non solo. A punto tale da divenire un simbolo. Ripetuto quest’oggi dai manifestanti. Tagliano delle buste nere, sacchi di quelli usati per il conferimento della spazzatura, li mettono indosso, si distendono sul bagnasciuga, non più sabbia, non ancora mare, e si lasciano in terra. Come a dire: questa è la fine che avete previsto per noi? Un ragazzo alza un cartello: “Io mi rifiuto”. Sollazzo lessicale. Fra chi si avventura, anche molti uomini delle istituzioni. In sottofondo, rumore assordante di sirene e, più lontana una tarantella garganica. Allarme e festa che si confondono in un caos rumoroso ed indistinto, quasi a sottolineare meglio l’incertezza dell’esperimento petrolifero.
LO STRANO CASO DELL’ABRUZZO. Quello che “porterà un danno ambientale e nessun altro beneficio, depauperando una terra dal litorale qualitativamente ottimo”, come sbotta, a Stato, il Segretario confederale della Cgil del Molise, Antonello Miccoli. Un danno che coinvolgerà anche Puglia ed Abruzzo, ovviamente. Eppure, proprio in Abruzzo, i sindacati si sono spaccati attorno alla questione delle trivellazioni. Basti pensare alla provincia di Chieti dove, mentre la Cgil ha opposto il suo niet fermo alle trivellazioni ed alle penetrazioni dell’Eni, Cisl e Uil hanno chiuso un accordo separato con Confindustria per la promozione dell’attività di ricognizione petrolifera.
DE LA MORA. Nel mezzo del corteo c’è anche Luis Infanti De La Mora, Vescovo di Aysén, diocesi della Patagonia cilena, una terra dimenticata da Dio, ma che è ben presente nei cuori dei dirigenti dell’Enel, che ne usurpano biecamente le risorse idriche. Ci esprime contentezza per la “reazione della comunità”, ne vede anzi un “segno di vitalità fortissimo”. Poi, senza giri di parole, punta il dito contro cause e responsabilità, tipiche “della concezione neoliberista funzionale al capitale” e propria delle “imprese che si credono padrone dei territori, delle culture, dei popoli, delle genti”. Dietro di lui, i movimenti referendari che urlano giustizia. Avanti, l’orgoglio di un popolo nato azzurro e che rifiuta di morire in nero. “L’operazione della Petrolceltic – rincara la dose De La Mora – è inumana, non è possibile, punta alla distruzione di ogni cosa”.
Lucio Dalla (St)
“INNAMORATI DI QUESTO MARE”. La distruzione, appunto. Quella che, con una giornata di mobilitazione, questa gente ha voluto evitare. A nome loro, a chiusura del corteo, ed in attesa dell’ospite Dalla, parlano i rappresentanti politici, non sempre accolti con spirito di proposizione. Il sindaco di Termoli becca i fischi di una parte della folla. Il Presidente della Provincia di Campobasso, Nicolino D’Ascanio, ripercorre il cammino di protesta di una terra obbligata “oggi a scendere in piazza contro le trivelle, ieri contro il nucleare, l’altro ieri contro il turbogas ed il giorno prima contro l’eolico in mare”. Propone di passare ai fatti. Mette sul tavolo della partita – lo fa con gli altri organi – un “coordinamento di forze interregionali”. Fonte di pessimismo diffuso: “Ci stanno vendendo per ottenere le loro belle poltrone” è il commento più elegante nei loro confronti.
LUCIO. Quando il cantautore arriva, in gommone, è il tripudio. Poche parole con i giornalisti. Poche dal palco. Solo l’invocazione a non mollare, per non consentire a chi di potere di prender posto comodo su quel che non spetta a nessun altro che non siano i cittadini. Sfoggia la maglietta anti trivellazioni, chiede di riattivare “la logica”, di rispondere “con la cultura” a questo “affronto”, a questa “follia pensata all’inizio e concessa alla fine”. Grida di “Lucio Lucio Lucio”. Ma non è un concerto, solo una sonata che, si spera, non finisca con una malinconica aria di requiem.
Fonte: statoquotidiano.it