Ogni anno sulle coste garganiche sono numerosi gli episodi di spiaggiamento di Cetacei sia morti che vivi.
A differenza di ciò che si crede, il mare Adriatico è un mare vivo e ospita da sempre questa Biodiversità unica e preziosa. Basti pensare alle raffigurazioni architettoniche o pittoriche che, nei secoli, hanno decorato le città mediterranee e che possono essere considerate come delle testimonianze storiche della presenza di questi mammiferi nei nostri mari.
Il territorio garganico rappresenta una nicchia ecologica peculiare che ha ospitato eventi straordinari per le loro caratteristiche, mai documentati nel resto del Mediterraneo. Basti pensare alla presenza, quasi decennale, del famoso delfino Filippo nel Golfo di Manfredonia. Tra i 91 casi registrati da sempre nel Mondo di lone-sociable dolphin, ossia delfini solitari che, per diverse cause, scelgono di trascorrere un’esistenza solitaria spesso a contatto con l’uomo.
Un altro evento straordinario è stato lo spiaggiamento di 7 Capodogli (Physeter macrocephalus) sul litorale compreso tra i comuni di Cagnano Varano e Ischitella. Su questi giganti del mare si è sollevato molto rumore e diverse polemiche che, in realtà, sono state chiarite scientificamente già da diversi anni, a differenza di ciò che ancora si discute tra la gente comune ed anche tra chi, invece, studia l’ecosistema marino per professione.
Proprio questa vicenda ha evidenziato la necessità di creare una rete di professionalità specializzate per intervenire e studiare questi straordinari eventi. E’ stata istituita infatti una task force nazionale: CERT (Cetacean Emergency Response Team), nata dalla collaborazione tra Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, tra gli specialisti degli Istituti Zooprofilattici nazionali, le ASL e le Università di Medicina Veterinaria. Attraverso questa rete di gestione degli spiaggiamenti sul territorio italiano si è così riusciti a gestire l’importanza scientifica di questi episodi, raccogliendo dati diagnostici importanti per la ricerca in questo campo, intervenendo nel recupero e nel rilascio di animali in difficoltà e tanto altro.
Ciò che è successo pochi giorni fa a Foce Varano è la testimonianza di come ancora una volta, inspiegabilmente, eventi di spiaggiamento di Cetacei siano oggetto di equivoci e di interventi azzardati da parte di persone non autorizzate e non specializzate. Quello che accade nel territorio garganico si ripete da anni, nonostante esista l’intervento e la disponibilità degli esperti (come lo stesso Dott. Giovanni Muscarella, valido ed eccellente professionista della ASL di Foggia, e i responsabili della diagnostica dell’IZS di Puglia e Basilicata) e nonostante esistano protocolli ministeriali specifici di intervento per la salvaguardia di queste creature marine e per la sicurezza pubblica. L’episodio di Foce Varano è un chiaro esempio di bycatch, un termine che significa cattura accidentale e che rappresenta una tra le cause più comuni di decesso dei Cetacei in Adriatico. Il delfino vittima del bycatch era un Tursiope (Tursiops truncatus), una specie molto presente nell’areale garganico (lo stesso delfino Filippo apparteneva a questa specie), dove vive in maniera stanziale o stagionale a seconda della disponibilità trofica e delle complesse attività che caratterizzano la vita di questa specie (cura della prole, socializzazione, etc.). Probabilmente il Tursiope è rimasto intrappolato in una rete da pesca, episodio che causa in questi mammiferi uno stato di panico che li porta fino all’exitus per annegamento. Nella maggior parte dei casi, quando i pescatori ritrovano questi esemplari intrappolati morti nelle loro reti, invece di allertare la Guardia Costiera e, di conseguenza, tutta la task force nazionale per il recupero di dati scientifici essenziale per la ricerca in questo settore, li abbandonano in balia del mare. In questo caso probabilmente, il delfino trasportato a bordo è stato poi rimesso in mare assicurato per l’addome ad una corda. Le “ferite” presenti sul corpo dell’animale possono essere state causate: sia dal tentativo di divincolarsi dalla rete da parte dell’animale, sia dal trasporto dello stesso a bordo dell’imbarcazione da pesca, sia dal processo di decomposizione post-mortem (quest’ultimo aspetto è stato purtroppo l’unico evidenziato nell’articolo del 2 Agosto u.s.). La disposizione di una necroscopia e le indagini diagnostiche sulla carcassa, per lo stato di decomposizione dell’animale, potrebbero risultare difficili. La curiosità della gente, frequentemente, supera l’effettiva e concreta ricostruzione di un caso che, a causa di queste considerazioni, può non essere risolto, se non attraverso supposizioni, o può richiedere diversi mesi di indagini per le tempistiche e le complesse procedure di laboratorio.
I Cetacei sono specie protette a livello nazionale ed internazionale e il bracconaggio è un evento raro, se non ormai quasi inesistente. Ogni qual volta si incontra un Cetaceo spiaggiato, sia vivo che morto, l’unica cosa da fare come cittadini è allertare quanto prima possibile la Guardia Costiera al numero nazionale 1530, la quale attiverà la task force nazionale autorizzata all’intervento. Inoltre, bisognerebbe mantenersi distanti per motivi di sicurezza reciproca tra uomo e Cetaceo. Difatti, se l’animale fosse vivo la presenza e il contatto con l’uomo potrebbe ulteriormente aggravare le sue condizioni. Nella maggior parte dei casi a spiaggiare sono animali in difficoltà, spesso con patologie trasmissibili gravi e destinati al decesso. Chi crede di fare l’eroe e riporta l’animale in mare con manovre azzardate, non comprende la complessità del caso e mette in pericolo la vita dell’esemplare, esponendolo a stress, a contatti sconosciuti e a rumore, e, allo stesso tempo, mette in pericolo la propria stessa vita. In ugual modo bisogna comportarsi nel caso di ritrovamento di Cetacei spiaggiati morti. Avvicinarsi e toccare l’animale corrisponde ad esporsi a rischi sanitari e può far perdere dati importantissimi per la delicata e complessa ricerca scientifica in questo campo.
Bisogna ricordare che i Cetacei sono animali selvatici non abituati al contatto con l’uomo e trasportatori di diverse patologie, vista la loro vita pelagica.
In Italia abbiamo un esempio di eccellenze professionali in questo settore, che hanno dedicato la loro vita allo studio e alla salvaguardia di queste specie. Un modello di rete di intenti e di professionalità unico in Europa. Il rispetto di queste straordinari mammiferi marini parte proprio dalla consapevolezza di mettere da parte la propria visione antropocentrica, spesso spinta da
curiosità irresponsabile e da compassione, per lasciare lavorare gli esperti del settore qualificati e autorizzati nell’intervento e nel recupero di dati scientifici inestimabili relativi a questi episodi.
Associazioni come il Centro Cultura del Mare A.P.S. Di Manfredonia da anni portano avanti campagne di tutela e monitoraggio per i Cetacei con progetti avanguardisti altamente qualificati, come un Museo del Mare e un Osservatorio Cetacei che, nell’indifferenza delle istituzioni o per le solite ragioni burocratiche, restano ancora solo un sogno irrealizzato.
Il territorio marittimo della provincia di Foggia è un habitat peculiare di Biodiversità inestimabile, tra questa i Cetacei costituiscono un tassello fondamentale ormai scomparso dalla memoria popolare e che, di questo passo, sta scomparendo anche nella realtà. La presenza dei Cetacei in ogni parte del Mondo è indice di benessere marino. Un potenziale che, se valorizzato, potrebbe essere un’occasione di tutela del patrimonio naturalistico a favore di nuovi posti di lavoro e di un futuro sostenibile per le nuove generazioni.
Guido Pietroluongo
Studente di Medicina Veterinaria
Esperto in Cetologia e impatti ambientali sull’ecosistema marino